giovedì 31 dicembre 2015

2015 - Un anno di terremoti in Italia

Come è stata la sismicità nell'anno che si conclude oggi? Quasi normale.
Confrontando la distribuzione del numero di scosse registrate da INGV in funzione della magnitudo il 2015 si situa poco sotto la media dei dieci anni precedenti, come si vede nella figura sottostante.


Mancano all'appello anche quest'anno i terremoti con magnitudo 5.3 o superiori, dei quali se ne ha in media uno all'anno. La magnitudo massima registrata nel 2015 è stata un 4.8.
Qualche notizia per i compilatori dei sismocalendari di Frate Indovino, che anche nel 2016 non mancheranno di esaltarsi perché prevederanno che entro 24 ore viene da qualche parte un terremoto con magnitudo maggiore di 2? 
Posto che, come si vede dalla figura precedente, ogni giorno in media capita un terremoto con magnitudo superiore a 2.2-2.3, quanto tempo ci vuole perché si registrino almeno 10 terremoti con magnitudo uguale o maggiore di 2? Guardiamo la figura sottostante, che riporta questo valore per ogni giorno del 2015.



Dal grafico si vede che spesso basta un giorno per avere più di 10 terremoti, e solo una volta nel 2015 ci sono voluti più di 5 giorni per avere 10 terremoti. La prima parte dell'anno è stata più attiva della seconda, come evidenziato dal trend annuale (in rosso) che passa da 1.4 a 2.1 giorni per 10 terremoti.
E così un altro anno è passato, avvicinandoci di un anno al prossimo forte terremoto, che in qualsiasi anno verrà, ci interrogherà su cosa abbiamo fatto seriamente nel frattempo per mitigare il rischio sismico (e le previsioni farlocche non ci aiuteranno affatto).

giovedì 17 settembre 2015

Perché un Magnitudo 8 non uccide 1000 volte quanto un Magnitudo 6

Questa notte si è verificato un forte terremoto in Chile, di magnitudo 8.2.
Su vari blog e pagine Facebook si sono presentati subito i coreuti delle catastrofi iniziando la loro lamentazione: "All'Aquila un magnitudo 6.1 ha ucciso 300 persone, in Chile un magnitudo 8.2 ha fatto meno di 10 vittime", quindi è tutta colpa dell'Italia. In testa devono avere una proporzione basata sul qualche lettura approsimativa di sismologia dove hanno appreso che per ogni grado di magnitudo l'energia aumenta di un fattore trenta, quindi tra un 6.1 ed un 8.2 passa un fattore mille che si deve necessariamente ripercuotere nel numero delle vittime. Peccato che questa idea sia totalmente sbagliata.
Il rischio sismico è dato da tre fattori: Pericolosità (quanto è probabile/forte un terremoto), Vulnerabilità (quanto sono resistenti gli edifici), Esposizione (quante persone/edifici sono esposte al rischio.
Ora, se si assume che la Esposizione non conti, un terremoto mille volte più forte che fa meno di un centesimo delle vittime deve avere approfittato di una edilizia meravigliosa, mente noi in Italia siamo incapaci, corrotti, ecc. ecc.
Ma vediamo i fattori con ordine.
Il fatto che un terremoto sia 1000 volte più forte alla sorgente non significa che dia movimenti del suolo 1000 volte più forti. Per varie ragioni, il movimento del suolo ha dei limiti superiori, e quindi tra un terremoto 6 ed uno 8 spesso passa un fattore 2 o anche meno (non entriamo nel tecnico ma esitono delle cose come l'attenuazione non lineare, l'attenuazione per propagazione, il comportamento non lineare dei suoli, ecc...).
Quindi l'azione sismica in Cile non è stata 1000 volte quella dell'Aquila.
Terremoti molto forti generano poi onde con periodi molto lunghi, lontani dai periodi degli edifici, e quindi molta energia viene dispersa su frequenze che non fanno danni.
Ma ci sono altri due fattori, la distanza e la direttività. Il terremoto in Cile ha avuto epicentro a mare, non sotto aree abitate, e soprattutto si è moltto allontanata dalla costa l'area di massimo scivolamento (slip) della faglia. L'epicentro è la proiezione in verticale del punto da cui parte la rottura del piano di faglia, mentre i danni sono spesso sulla verticale del massimo dello slip.
Come si vede da questa elaborazione dell'USGS, i massimi dello slip sono molto al largo della costa e lonani dall'epicentro.

Il fatto che il massimo dello slip sia verso l'oceano rispetto all'epicentro significa che il massimo dell'energia è stata irradiata in quella direzione e non verso terra. Si tratta del fenomeno della direttività gia discusso in questo post.
Veniamo ora alla esposizione. Molto utile a questo proposito il sito PAGER dell' USGS, che stima i possibili danni per tutti i forti terremoti.
Confrontiamo quanti abitanti c'erano nelle zone (molto vaste) dove si potevano raggiungere accelerazioni in grado di causare crolli in Cile con il dato dell'Aquila:

L'Italia è molto più densamente popolata, quindi nonostante l'area enorme del risentimento in Cile, la popolazione coinvolta da un VIII grado di intensità MMI o superiore è solo quattro volte maggiore in Cile rispetto all'Aquila.
Quindi: il moto del suolo è confrontabile, l'esposizione è di poco superiore in Cile, la vulnerabilità italiana forse è appena un po' più bassa, ma niente per cui stracciarsi le vesti. Non dimenticate chei posti tipo California, Giappone e Nuova Zelanda, terremoti di magnitudo 6 o poco superiore negli anni scorsi hanno fatto centinaia o mgliaia di morti.


domenica 30 agosto 2015

Palinsesti sismici agostani

Durante l'estate in televisone passano vecchi film, rievocazioni di personaggi del passato e collage di scenette dal varietà, di fronte alle quali sorge spontanea la domanda: che fine avrà fato quella soubrette o quel cantante? All'epoca erano famosi, ma ora sono spariti.
Per gli sciami sismici succede la stessa cosa, e visto che siamo in Agosto, recuperiamo due vecchie glorie del passato, lo sciame del Pollino e quello di Gaggio Montano.
Lontano dai riflettori, con sempre meno scosse avvertite dalla popolazione, entrambi sono tuttavia ancora attivi, anche se si stanno avviando più o meno velocemente sul viale del tramonto. Vi ricordate quando aspettavate con ansia una scossa di forte magnitudo che non si è verificata? Quando per ogni terremoto attorno a magnitudo 3 sui social era un coro di "non mi piace"? Come vecchi campioni, non è escluso che queste sequenze in declino abbiano ancora un lampo di classe, ma più probabilmente si avvieranno tra le centinaia di sciami che non hanno dato scosse catastrofiche. Attenzione, questo non significa che le due zone sismiche smettano di essere considerate pericolose solo perchè questi sciami non hanno avuto un esito con il botto. Se sono classificate sismiche il motivo c'è, e non bisogna mai dimenticarsene.






domenica 3 maggio 2015

Nepal, una settimana dopo


Una settimana è passata dalla scossa principale in Nepal.

Cosa sta succedendo e cosa ci si può aspettare?

Rispetto ad altri terremoti recenti, l'evento in Nepal è ancora poco compreso per la mancanza di dati. Ad esempio non si è ancora potuto vedere una registrazione delle accelerazioni del suolo o degli spostamenti misurati mediante GPS. In Nepal esistono una rete accelerometrica ed una GPS gestite dal National Seismic Network. Durante questa settimana il sistema di trasmissioni ha sofferto il generale collasso delle comunicazioni in Nepal, e per alcuni giorni il sito non è stato aggiornato con gli aftershocks. La situazione di emergenza ha portato alla decisione di distribuire i dati acquisiti dal sismometro installato da OGS presso la Piramide Ev-K2-CNR, che erano ancora trattati come riservati dalle autorità nepalesi, e che ora sono distribuiti al pubblico dal consorzio EIDA. Tuttavia, le informazioni che si hanno dalle reti internazionali non consentono di avere una completezza del dato per magnitudo inferiori a 4.5. Osservando la distribuzione delle scosse di assestamento con i dati della rete Geofon si nota una distribuzione poco uniforme delle scosse, con gli eventi concentrati in due grappoli di cui il maggiore a Nord-Est di Kathmandu, ma con ampie zone vuote. 




Se ci fossero i dati accelerometrici e GPS si potrebbe stabilire se queste zone corrispondono alle aree di faglia dove tutta l'energia disponibile è stata rilasciata dalla prima scossa, ovvero se ci sono porzioni di faglia ancora bloccate che rilasceranno l'energia in un futuro più o meno prossimo. Lo stesso dubbio sulle modalità di rilascio dell'energia viene osservando la distribuzione dei terremoti in funzione della magnitudo (distribuzione di Gutenberg-Richter, vedi figura).




Gli aftershocks seguono una linea retta come previsto dalla teoria, ma ben lontana dall'intercettare le magnitudo maggiori. Potrebbe essere che questa faglia a bassissimo angolo di immersione abbia modalità di accumulo e rilascio ben diverse da quelle delle faglie a cui siamo abituati, come si vede dal confronto con la sequenza dell'Emilia 2012.

Hanno iniziato a circolare ottimi dati sulle intensità grazie allo sforzo di una organizzazione non governativa, la National Society for Earthquake Technology, come la mappa delle intensità riportata qui sotto. Si tratta di Modified Mercalli (di stampo USA), dove i gradi sono associati a danni maggiori di quelli di cui siamo abituati con la Mercalli-Cancani-Sieberg.





Sul sito della NSET sono disponibili molti altri dati ed immagini dei danni (bisogna pazientare un po' per il collegamento lento, ma sembra un miracolo che tutto funzioni ancora).
Infine, vorrei segnalare una iniziativa partita in Italia in questi giorni. Per il legami che hanno con varie organizzazioni in Nepal, tra cui lo stesso NSET, due enti di ricerca ed una associazione di volontariato hanno messo in comune i loro progetti di aiuto per quella nazione. Appena possibile, al raggiungimento delle condizioni logistiche e di sicurezza necessarie, si svolgerà una missione in Nepal i cui obiettivi tecnico scientifici sono quelli di fornire assistenza tecnica nei settori della risposta sismica di sito e della ingegneria sismica (stime di vulnerabilità/progettazione antisismica), fornire attrezzature per attività continuative da parte dei beneficiari Nepalesi ed infine rafforzare il sistema di monitoraggio in Nepal.

Come caso di studio incluso nel progetto di formazione dei tecnici locali si userà l’orfanotrofio di Lalitpur, per il quale OGS e ReLUIS si impegnano a garantire che la scelta del sito e la progettazione antisismica dell’ampliamento saranno conformi ai migliori standard, mentre ANPAS procederà alla raccolta dei fondi per la materiale ricostruzione (vedi a questo link per ulteriori dettagli).



sabato 25 aprile 2015

La triste lezione di Kathmandu

Il terremoto che ha colpito Kathmandu era stato previsto fino nei dettagli dei suoi possibili danni, ma questo non è stato sufficiente per evitarli. Questa è la triste lezione che ci lascia il terremoto del 25 Aprile 2015.  Del terremoto di Haiti si è detto che era inatteso nella sua devastazione, per Kathmandu è molto diverso.

Il Nepal si trova al confine tra la placca Indiana e quella Eurasiatica, dove le montagne più alte del mondo testimoniano della violenza della collisione che avviene ad una velocità di 5 cm per anno (considerate che il nostro Appennino si muove a 5 mm per anno). Le faglie che potevano mettere a rischio la capitale nepalese erano note e ben mappate. Il terremoto è capitato su uno di questi fronti di collisione ed il meccanismo focale (vedi immagine del GFZ) conferma la natura compressiva dell'evento.
Era noto anche che la valle di Kathmandu è un tipico caso di amplificazione delle onde sismiche che rimangono intrappolate negli strati soffici sovrastanti la roccia, ed erano stati pubblicati numerosi lavori che ricostruivano gli spessori dei sedimenti, che prevedevano in quali aree lo scuotimento sarebbe stato maggiore e dove e come si sarebbero verificati cedimenti e liquefazioni del terreno il giorno in cui il terremoto avesse colpito.
Si sapeva anche che questo giorno non sarebbe stato molto lontano. L'analisi dei terremoti storici in Nepal aveva permesso di ricostruire i tempi con cui mediamente si succedono terremoti delle diverse classi di magnitudo. In un recente studio di colleghi Nepalesi un terremoto come quello appena accaduto era stato associato ad un tempo medio di ritorno tra i 40 e gli 80 anni (vedi tabella qui sotto).


L'ultimo terremoto di questa classe si era verificato nel 1934 (81 anni fa). Aveva causato 8,519 morti di cui 4,296 nella Valle di Kathmandu. Oltre 200.000 edifici erano stati danneggiati e 81.000 erano crollati. A Katmandu i crolli furono oltre 12.000  e  55,000 furono quelli danneggiati. 
La vulnerabilità sismica degli edifici era tuttora un fattore noto e preoccupante. Bisogna aggiungere infine che la conformazione geografica del paese favorisce frane e valanghe: sommando tutti questi fattori il migliaio di vittime accertato fino ad ora non potrà che aumentare di molto nelle prossime ore e giorni.
Negli ultimi anni il Nepal stava portando avanti campagne per la sensibilizzazione della popolazione ed altre iniziative per la riduzione del rischio. Due anni fa una delegazione era venuta in Italia per firmare accordi di collaborazione ed illustrare lo stato di avanzamento delle attività. Qui sotto riporto la locandina di quell'evento.




Purtoppo le attività erano iniziate troppo tardi e si sono scontrate con carenze di finanziamenti. Questa è la morale che ci lascia questo terremoto: ogni anno fatto passare senza intervenire per la riduzione del rischio è un anno perso per evitare danni e vittime. Un evento può essere previsto nei minimi dettagli e conseguenze, ma se la società non decide che la riduzione del rischio è una priorità queste tragedie rimarranno inevitabili.



venerdì 17 aprile 2015

Cresce la "febbre sismica" in Appennino

Nella giornata di ieri lo sciame che da due mesi interessa l'Appennino al confine tra le province di Bologna e Pistoia ha registrato una nuova evoluzione. Il grafico sottostante indica la produttività dello sciame in termini di terremoti nell'arco delle 24 h. Questa specie di grafico della febbre, per un evento principale isolato si presenta come un brusco picco che poi scende più o meno rapidamente ai valori prima della crisi. Negli sciami sismici si hanno episodi ripetuti con una forma simile, ed è quello che stava succedendo fino ad ieri. Tra l'altro i massimi diventavano sempre più piccoli ed i valori minimi scendevano anch'essi, come se fosse un preludio all'esaurimento dello sciame. Le numerose scosse delle ultime 24 ore hanno riportato il massimo di attività ai valori di due mesi fa, e la discesa appare per ora più lenta. Le prossime 24-48 ore saranno molto importanti per capire l'evoluzione dello sciame, che al momento sembra destinato a durare ancora molto tempo.
Sciami molto prolungati, come quello di Sora nel 2009-2010 durato 6 mesi o quello del Pollino iniziato nel 2010 e durato 4 anni, hanno un effetto di "febbre sismica" anche sulla popolazione. Le scosse ripetute e frequenti portano di solito a due comportamenti opposti: l'assuefazione o il disagio sempre crescente. Eppure, in termini di energia sismica questo sciame è ancora ben lontano da altri, più brevi ma più intensi, verificatesi in zone vicine. La somma di tutta l'energia rilasciata fino ad adesso è equivalente ad un singolo terremoto di magnitudo compresa tra 3.7 e 3.8, quindi inferiore alla scossa principale avvenuta mesi prima con epicentro prossimo al Lago Brasimone.

martedì 31 marzo 2015

La traccia sismica dello schianto GermanWings


Dopo ogni avvenimento tragico, nei tempi recenti, si scatena su internet la corsa dei complottari per accaparrarsi visite ai siti, e questo si è puntualmente ripetuto dopo lo schianto del volo GermanWings in Provenza.
L'Italia ha dato il suo degno contributo con un noto leader degli sciachimisti che ha immediatamente sostenuto che il volo era a quota bassa per compiere irrorazioni di geoingegneria clandestina. Il furore degli utenti ha fatto chiudere il profilo FB.
La bufala che ha iniziato a girare poco dopo è quella dell'arma segreta che durante una esercitazione USA avrebbe fatto esplodere in volo l'aeroplano. Improvvisati esperti di volo e di balistica hanno iniziato a dubitare delle foto, a sproloquiare sulla mancanza di un cratere da impatto e ad alimentare dubbi non suffragati da alcuna prova.
L'analisi di esplosioni e impatti registrati nei sismogrammi è stata spesso utilizzata in passato per altre tragedie, dall'attacco alle Torri Gemelle alla collisione della Costa Concordia con gli scogli del Giglio, ed anche in questo caso le teorie complottiste possono essere smentite dall'analisi dei sismogrammi della rete francese.
A circa 25 km dal luogo dell'impatto si trova la stazione di Digne-les-Bains (codice internazionale FR-OGDI, vedi mappa qui sotto).


Dai dati disponibili anche su FlightRadar24, il risulta che volo è scomparso dai radar alle 10:40 CET del 24 marzo. Estraendo dalla banca dati EIDA i segnali registrati a OGDI, dopo un passaggio alle accelerazioni ed un filtraggio passa alto a 2 Hz si ottengono i segnali della figura qui sotto.


Il segnale dell'impatto è ben visibile alle 09:40:07 (UTC, un ora indietro rispetto a CET). Considerando una velocità delle onde attorno a 4000 m/s, i 25 km tra stazione sismica e punto di impatto vengono percorsi dalle onde in circa 6 secondi, con una perfetta compatibilità tra la registrazione sismica e la scomparsa dai radar. Quindi l'aereo non è esploso in volo ma si è schiantato al suolo ancora integro, con buona pace dei complottisti, che dovrebbero solo vergognarsi di speculare sulle sciagure.
 (un ringrazimento a Milton Plasencia di CRS-OGS che mi ha aiutato a recuperare ed elaborare i dati sismici)

domenica 22 febbraio 2015

Lo sciame peculiare di Gaggio

In questi giorni si è attivato uno sciame sismico tra i comuni di Gaggio Montano e Lizzano in Belvedere nell'Appennino settentrionale, non lontano da quello che ha interessato poche settimane ga la zona tra il Lago del Brasimone e Castiglione dei Pepoli (ne avevo parlato in questo articolo). La energia di quest'ultima sequenza è finora molto più bassa, non avendo raggiunto magnitudo 3, ma c'è una caratteristica che la rende abbastanza singolare: la distribuzione della profondità.
Confrontando le due sequenze (vedi figura seguente) si vede come la sequenza di Castiglione abbia avuto una distribuzione concentrata in una limitata fascia di profondità, con oltre il 95% degli eventi concentrati tra 7 ed 11 km. La sequenza di Gaggio raggiunge profondità molto maggiori. Non è tanto la profondità massima ad essere interessante quanto la distribuzione complessiva.
In appennino settentrionale ci sono sequenze che avvengono a profondità tra i 20 e 30 km (ne sono occorse negli ultimi anni  poco a Sud di Bologna e nell'appennino Reggiano) ma questà è particolare per coprire profondità dai 3 ai 24 km con una discreta continuità. Sequenze con questa distribuzione sono più diffuse nell'Appennino centrale e soprattutto meridionale, come illustrato nella figura seguente.(Si veda anche un precedente articolo sul terremoto del Matese del dic.2013/gen.2014).


martedì 10 febbraio 2015

Motivazioni Sentenza di Appello CGR

Nel disinteresse generale sono uscite le motivazioni della sentenza di secondo grado al processo alla Commissione Grandi Rischi a L'Aquila. Rispetto alla sentenza di primo grado il dibattito è stato pressoché assente, mentre a mio avviso le motivazioni meritano una attenta lettura. Commentando le motivazioni del primo grado, in un post di due anni fa, scrivevo che "tra assolvere tutti gli imputati o condannarli tutti ci sarebbe anche la possibilità di condannare gli eventuali colpevoli e assolvere gli innocenti, ma sembra che questo non interessi a nessuno". Forse il motivo del disinteresse sta proprio nel fatto che una sentenza che assolve molti ma non tutti impedisce la polarizzazione del dibattito tra colpevolisti ed innocentisti, che tanta audience porta alle più inguardabili trasmissioni televisive ma che non porta ad un esame costruttivo e da cui si apprenda qualcosa.
Chi voglia leggere la sentenza completa, la può scaricare a questo link. La sintesi delle motivazioni redatta dai giudici, contenuta in 12 pagine, è scaricabile a questo link.
Per chi preferisce un riassunto, eccolo qui:
1) quella che si tenne all'Aquila non era una riunione della Commissione Grandi Rischi. I membri presenti erano una minoranza, e altre persone presenti non erano componenti o addirittura erano stati chiamati la mattina stessa, senza preavviso.
2) non risulta gli atti nessuna prova che i partecipanti alla riunione fossero d'accordo con gli intenti "mediatici" e rassicuranti che l'accusa desume dalla intercettazione telefonica dell'allora Capo Dipartimento
3) la Corte ha ritenuto che "la verifica della correttezza scientifica delle valutazioni formulate dagli imputati... conduca necessariamente alla conclusione che nessuna censura possa essere mossa agli imputati, non emergendo alcun dato certo che alla data del 31.03.09 fosse possibile... effettuare valutazioni dei fenomeni sismici in atto diverse da quelle formulate dagli imputati, peraltro obiettivamente prive di toni univocamente rassicuranti"
4) La colpa generica, per negligenza ed imprudenza, sussiste invece per l'allora vice capo del DPC, che rilasciò una intervista prima della riunione e non la smentì dopo, causando secondo la Corte una "incidenza causale diretta" nelle decisioni prese da "alcune delle vittime nei momenti successivi alle due scosse poi definite premonitrici".
Cosa rimane a questo punto?
Sicuramente una lezione da non dimenticare per chi si occupa di rischi naturali, un forte richiamo alle responsabilità della ricerca scientifica, e un cambio di paradigma che già c'è stato nella comunicazione dei rischi. Senza il processo CGR non sono sicuro che ci sarebbero state, almeno nella forma attuale, le campagne di comunicazione del rischio sismico sia "in tempo di pace" sia quelle durante uno sciame sismico che si sono svolte negli ultimi anni e che stanno pian piano cambiando il rapporto tra cittadini, protezione civile e mitigazione dei rischi.

sabato 31 gennaio 2015

Lezioni da due magnitudo 4

Ieri si è verificata una scossa di magnitudo locale 4.1 in Friuli, a breve distanza dall'epicentro della scossa del maggio 1976.
A distanza di poco più di una settimana dal terremoto di magnitudo 4.3 in Emilia è istruttivo confrontare gli effetti dei due terremoti.
Innanzitutto è interessante affiancare le due mappe di risentimento elaborate da INGV con le segnalazioni dei cittadini via rete.
Considerando che l'area a destra è minore di quella a sinistra si può vedere che i risentimenti del terremoto in Friuli sono decisamente minori. Quale può essere la ragione? Basta uno 0.2 di differenza di magnitudo per spiegare questo fatto?
La situazione è più complicata.
Un primo motivo potrebbe essere dato dall'orario. Il terremoto è avvenuto nel cuore della notte, poche persone erano sveglie ed a una certa distanza chi dormiva non è stato destato dal terremoto. Ma ci sono anche ragioni più convincenti nella fisica dei due eventi.
I due terremoti sono stati registrati dalla rete accelerometrica della Protezione Civile. Gli accelerometri sono strumenti progettati per registrare anche forti moti del suolo senza saturarsi, mentre i sismometri nascono per registrare anche eventi piccoli o lontani e possono diventare ciechi quando sono troppo vicini all'epicentro. Un primo parametro di interesse è la PGA, ovvero la massima accelerazione del suolo, misurata in cm/s2. La figura qui sotto riporta il confronto tra le accelerazioni dei due terremoti in funzione della distanza (in km).


A parità di distanza il terremoto dell'Appennino ha valori generalmente superiori, e questo divario aumenta con la distanza.
Ancora ci possiamo chiedere se la differenza di 0.2 in magnitudo spieghi tutto, o se c'è dell'altro.
La magnitudo è un parametro ingannevole, dà la sensazione che un evento complesso come un terremoto stia tutto in un numero. E ci si scorda che di magnitudo c'è ne sono molte, non una sola.
Vi ricordate le grida al complotto, dopo il terremoto dell'Aquila e dell'Emilia, perché la magnitudo locale era minore della magnitudo momento, o Mw? Bene, questa volta è il contrario. Guardate queste due figure, elaborate rispettivamente dall'INGV per il terremoto in Appennino e dall'OGS per quello in Friuli, usando lo stesso programma di calcolo.


La figura è istruttiva perchè fa vedere come la Mw venga ottenuta modellando tutto il sismogramma, mentre la magnitudo locale si ricava solo dalla massima velocità registrata. Ma soprattutto fa vedere che se per il terremoto appenninico le due magnitudo sono quasi uguali (4.3 contro 4.27) per il Friuli la Mw è solo 3.9, quindi minore della Ml, con buona pace dei complottisti che pensano che le magnitudo vengano taroccate o scelte per "minimizzare" i terremoti.
Complessivamente si può dire che il terremoto del Friuli è stato meno energetico di quello dell'Appennino, anche se le magnitudo locali sono quasi uguali.
Infine, parliamo ancora della direttività, la nemica delle figurine sui giornali con le onde del terremoto che sembrano quelle di un sasso in uno stagno, perfettamente circolari. Nel suo piccolo, anche il terremoto del Friuli mostra una direzione preferenziale di irraggiamento dell'energia rispetto all'epicentro (l'evento è piccolo, ma in una zona dove la rete sismica e accelerometrica dell'OGS è molto densa), come si vede dalla figura seguente.

Si vede che i valori maggiori sono spostati nel quadrante Nord-Ovest, dove la densità abitativa è minore ed il suolo roccioso non dà amplificazioni locali. L'effetto sarebbe stato ben diverso se il terremoto avesse propagato principalmente a Sud-Est, dove si trovano città più grandi e suoli soffici.
Non fidatevi quindi di un solo numero. Gli effetti di un terremoto sono complessi e richiedono spesso una valutazione sul campo. A questo proposito, il terremoto di ieri è stata la prova del fuoco del nuovo sistema di utilizzo dei volontari di protezione civile sul campo per la segnalazione immediata degli effetti descritta in questo articolo.


sabato 24 gennaio 2015

Brasimone: terremoti, dighe, frane e centrali nucleari

Un amico mi ha chiesto su FB se lo sciame sismico che ha prodotto anche un terremoto M>4 sull'Appennino Tosco Emiliano sia causato dal vicino lago artificiale del Brasimone.
La possibilità mi sembra da escludere per una serie di motivi, vediamo quali.
1) Premesso che la maggioranza delle dighe induce non sismicità, quando si questo si verifica gli episodi noti sono di due tipi: se ci sono terremoti forti avvengono nell'arco di pochi anni (come nel caso della Diga di Koyna in India o della Grande Diga di Aswan in Egitto), oppure possono esserci piccoli eventi che si verificano per molti anni ogni anno dopo che si raggiunge il massimo livello d'invaso (come nel caso della Diga del Pertusillo). La diga del Brasimone (o più correttamente la diga di Scalere, dato che il torrente Brasimone è sbarrato più a valle anche dalla diga di S. Maria) fu costruita negli anni 30, assieme alle dighe di Suviana e Pavana ed alla traversa di Molino del Pallone. Fa parte di un sistema pensato per l'elettrificazione della allora costruenda "Direttissima", la linea ferroviaria  che collega direttamente Bologna e Firenze accorciando il percorso della più anziana "Porrettana". Una immagine di insieme del sistema di sbarramenti è riportata nella figura seguente, utile anche per comprendere il punto successivo.


2) La sismicità indotta da una diga è strettamente correlata al livello dell'invaso. Il livello del lago del Brasimone può variare nell'arco di 24 ore più di quanto vari nell'arco di un anno. Come si vede dalla precedente figura, Molino del Pallone, Pavana e Suviana hanno quote di invaso massime attorno a 470 m.s.l.m, quindi è facile trasferire l'acqua tra gli invasi con una galleria che agisce da troppo pieno. Il Brasimone è 350 metri più in alto. Negli anni 70 fu costruita da ENEL una centrale a Bargi, sulle rive del lago di Suviana, che durante il giorno riceve acqua dalle condotte forzate che partono dal Brasimone e sfrutta il salto idraulico. Nottetempo, quando c'è meno richiesta di energia l'acqua può essere pompata in senso inverso, riportandola nel bacino più in alto. Questa particolare variabilità ad alta frequenza non fa dell'invaso del Brasimone un candidato ideale per indurre sismicità.
3) Per quanto detto ai due punti precedenti, se la zona fosse in grado di produrre sismicità indotta si sarebbero dovuti avere effetti intorno al Lago di Suviana negli anni scorsi, quando per una manutenzione periodica il lago è stato svuotato e poi nuovamente riempito.

Il terremoto di ieri sembra piuttosto inserirsi in quadro piuttosto comune per quest'area dell'Appennino settentrionale, ovvero si sequenze con massima magnitudo compresa tra 4 e 5. La figura seguente mostra quelle registrate dalla RSNC negli ultimi 10 anni. Per alcune di esse è evidente la relazione con le faglie responsabili dei terremoti più forti (rettangoli arancioni).


La zona del Brasimone non presenta faglie al momento note in grado di dare terremoti M>5.5. Si tratta comunque di una delle zone più enigmatiche dal punto di vista della forte sismicità. Tra la Garfagnana ed il Mugello sembra interrompersi la catena di forti terremoti che prosegue quasi ininterrottamente dalla Calabria alla Liguria seguendo il crinale appenninico. Recenti studi
condotti nell'ambito di nuove stime di pericolosità sismica per le grandi dighe hanno proposto una interpretazione più complessa di questa zona, con l'introduzione di due zone sismogeniche ortogonali alla catena che vanno da Pistoia a Bologna seguendo la direzione della Valle del Reno (vedi figura sottostante, da Martelli et al., 2014).

Questa zona ha comunque un rischio sismico maggiore delle altre vicine. Perché? Come si vede dalla mappa seguente, non erano previste costruzioni antisimiche poiché non era stata classificata sismica nel 1984, ma lo è poi diventata nel 2004 (o meglio nel 2009, al fine del periodo di covigenza delle norme tecniche). Quindi le costruzioni di quei 25 anni, come pure quelle dei periodi precedenti, sono più vulnerabili di quelle di zone contermini, alcune delle quali classificate sin dagli anni 20 dopo i terremoti di Mugello e Garfagnana.



Come mai questo "buco" nella catena Appenninica nel 1984? Voci che correvano all'epoca indicavano tra le possibili "cause" la presenza nella zone del reattore nucleare del Brasimone, che come il francese Superphénix era progettato per la fissione del plutonio al posto dell'uranio. Per il raffreddamento, anziché l'acqua pressurizzata i reattori cosiddetti autorfertillizanti utilizzavano il sodio, un elemento chimico molto difficile da maneggiare, che si incendia a contatto con l'aria ed esplode a contatto con l'acqua. Il reattore del Brasimone non entrò mai in funzione, ed i suoi edifici ospitano ora un centro ricerche dell'ENEA, dove tra l'altro si studiano le maree terrestri. Nel frattempo,  a causa di incidenti e problemi con il raffreddamento al sodio ed ai lavori necessari per contenere un versante in frana, era costato ai contribuenti secondo i giornali dell'epoca oltre 1750 miliardi di lire, ovvero poco meno di un miliardo di euro (per inciso, quanto si spende in Italia in 7 anni per il Piano Riduzione Rischio Sismico).
Si trattò di un esempio molto italiano di "siting politico" già diffuso a fine degli anni 60, ovvero della scelta di un sito di costruzione di un opera per motivi non di opportunità e di adeguatezza del luogo prescelto, quanto di un volere politico che nel caso doveva rispondere da Roma (allora DC) al Comune di Bologna (allora PCI) dopo che questo aveva contribuito alla costruzione del reattore nucleare sperimentale universitario di Montecuccolino, alla periferia della città. Sicuramente il sito del Brasimone aveva alcuni requisiti necessari per questo tipo di opere: abbondanza di acqua, scarsità di popolazione e vicinanza a grandi infrastrutture di comunicazione (la A1), peccato che le caratteristiche geologiche non fossero all'altezza, e quanto alla sismicità magari questo sciame avvierà studi che ci porteranno a saperne di più.
Chiudo con una nota personale: cercando link per documentare questa storia,  mi sono imbattuto in un sito che contiene la foto qui sotto, scattata tra fine anni 70 e primi anni 80. Tra quei manifestanti ci sono anch'io, allora ventenne studente di fisica a Bologna, che aveva vagamente intuito quello che anni dopo mi sarebbe sembrato molto più chiaro: il problema del nucleare in Italia, più che nel nucleare stava nell'Italia (discorso applicabile a molte altre opere e tecnologie...).